“Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvo” (Rm 10,13)

I Domenica di Quaresima (Anno C) – 06 marzo 2022

La cosa più difficile per un cristiano è imparare a pregare. Senza che mostri il tuo disappunto, corrugando le tempie e storcendo le labbra. Per esperienza, sono convinto di quello che dico. Sulle prime, è semplice memorizzare delle formule di preghiera – è quello che accade quando siamo bambini – ma poi avviene che si proceda così, per molti anni, anche da adulti, convinti che il bagaglio accumulato da piccoli possa andare bene per tutta la vita.

Si cresce in età e sapienza, ma la grazia rimane quella ricevuta da fanciulli, non prendiamo in considerazione il fatto che anche il rapporto con Dio debba crescere e svilupparsi, secondo le età e le diverse fasi della vita. Quei pochi rudimenti di fede rimangono come lo scheletro di una casa, nessuno si interessa a terminala, perché venga abitata.

Tanti di noi sono grandi per età, ma con una vita di fede simile a quei primi germogli di primavera, che, colpiti dal freddo, non conosceranno la fioritura dell’estate. Sapessi che tristezza notare in me e negli altri la fretta e la poca attenzione che mettiamo nel parlare con Dio. Una volte è capitato che, chiedendo a qualcuno “Che spessore di preghiera hai nella tua vita?” sia stato freddato dalla risposta “Parlare di spessore mi sembra un po’ eccessivo!”. Quel tale comprendeva che lo stavo portando su un campo minato.

Amico mio, “chi non mistica, non mastica” diceva sorridendo il Maestro in Noviziato, ovvero se la solitudine non è abitata dalla presenza dello Spirito, il silenzio dalla sua voce, non c’è vita interiore, non esiste relazione con Dio. So cosa pensi, lo leggo sul tuo volto. “Sei rigido, pesante, dovresti essere più elastico, benevolo”. Mi spiace, non credo che tu sia nel giusto. Il punto nevralgico della vita spirituale è capire che bisogna crescere, farsi aiutare a crescere e smetterla di andare carponi, come fanno i bambini. Bisogna maturare, amico mio, e fare quei passaggi necessari ed inevitabili, per divenire adulti nella fede. Se non vuoi credere a me, ascolta almeno l’Apostolo: “Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino” (1Cor 13,11).

La preghiera cresce con noi, come ogni relazione. Non dirmi che hai con i tuoi lo stesso rapporto che avevi da infante. Si cresce e ben venga questo, ma perché, dimmi, perché vogliamo maturare in ogni aspetto della vita, mentre quando si tratta della fede, siamo convinti che sia superfluo? Forse perché nell’amore – è la preghiera è amore, questione di feeling, potremmo anche dire – non vogliamo crescere, preferiamo essere egoisti, piuttosto che aprirci alla responsabile bellezza del dono. Siamo degli eterni adolescenti, vogliamo essere considerati adulti in tutto, tranne in quelle cose che dovrebbero essere delle priorità. Devi convincerti, anche nella preghiera si matura e per farlo, come accede nello studio e nel lavoro, nelle amicizie e nella vita in genere, bisogna scegliere di maturare, mettendoci energie, sacrifici, amore e desiderio. Soltanto se avverti in te il desiderio di Dio, metterai impegno nel cercare il suo volto, sentendo in te il suo amore, sveglierai l’aurora per parlargli ed ascoltare la voce del suo leggero silenzio, come il profeta Elia. Se accoglierai la parola di chi ti annuncia la sua presenza, come il cieco Timeo, griderai perché Egli ti guarisca, donandoti la luce.

Permetti a Dio di cambiare il tuo registro nel parlarti, utilizzando un linguaggio confacente alla tua età, non diverso da ciò che vivi. Dialoga con Lui, come fai con me, senza timore o vergogna, educando il tuo cuore ad ascoltarlo, nella sua Parola, contemplando Gesù, perché solo specchiandoci in Lui saremo capaci di mettere a frutto tutte le nostre capacità. Comprenderemo allora, magari sotto la guida di un buon maestro – sono pochi in giro? Non direi, basta cercarli e scovarli, dove si nascondono, senza dimenticare che anche un padre nello spirito è un dono e Dio lo concede, quando a Lui piace – che non esiste solo la preghiera di domanda, ma anche il ringraziamento, la lode, l’intercessione, l’invocazione. Ti meravigli? Anche tra noi ci sono diversi modi di parlare, non vedo perché con Dio dovrebbe essere diverso.

Amico mio, non accontentarti del puro latte spirituale, passa al cibo solido. Non hai più i denti da latte e puoi, se lo vuoi veramente, misticare, per masticare. Un neologismo? Non so! Quasi quasi, scrivo all’Accedemia della Crusca, per farlo inserire nel vocabolario italiano, se non c’è. Sarà più semplice far crescere il dizionario italiano, piuttosto che la nostra relazione con Dio? Spero di no. Per questo, caro amico, ti scrivo, non per distrarmi un po’, ma per chiederti nel farti mio compagno nel’imparare, alla scuola di Cristo, a dialogare con Dio Padre.fra Vincenzo Ippolito ofm