Pentecoste

“Avvenga di me secondo la tua parola ” (Lc 1,38)

Commento al Vangelo di fra Vincenzo Ippolito ofm
Domenica di Pentecoste (Anno C) – 5 giugno 2022

La nostra vita è la dimora di Dio. È questo il segreto della vera gioia. Dove abita lo Spirito Santo, c’è libertà e pace. Basta accoglierlo, quando bussa alla porta del cuore. Se il Paraclito vive in te, nulla sarà impossibile.

Dal Vangelo secondo Giovanni (14, 15-16. 23-26)
Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». 

La liturgia della Parola del giorno di Pentecoste raccoglie la ricchezza dell’intero tempo pasquale. La Prima Lettura (cf. At 2,1-11) è il racconto dell’evangelista Luca circa l’evento della discesa dello Spirito Santo, che realizza la promessa di Gesù, offertaci dal Vangelo (cf. Gv 14, 15-16. 23-26), mentre la Seconda Lettura è tratta dalla Lettera ai Romani (cf. Rm 8,8-17), dove Paolo presenta l’azione dello Spirito Santo nella vita del credente. Siamo invitati ad accogliere il dono dello Spirito, che il Maestro ci ha promesso, prossimo alla sua Pasqua e la trasformazione vissuta dagli apostoli è una proposta anche per noi, se ci lasciamo portare dal vento dello Spirito, grazia onnipotente di Dio, capace di fare nuove tutte le cose.

Nel cenacolo di Gerusalemme

La liturgia di questo tempo ha attinto con abbondanza al Vangelo secondo Giovanni e, nelle ultime domeniche, i brani erano tratti dalla narrazione degli ultimi momenti della vita di Gesù. Così anche oggi, ci troviamo nel luogo scelto per l’ultima condivisione del Nazareno con i suoi. Già si nota una comunità divisa – Giuda è uscito e Pietro, inconsapevolmente, è prossimo al rinnegamento, mentre gli altri si dilegueranno, divorati dal mistero delle tenebre – ma questo non impedisce a Gesù di continuare a rischiare, donando la sua parole, aprendo, con coraggio e sincerità, il suo cuore. Il Maestro riesce a rischiare, meglio sarebbe dire, vuole rischiare. Mancano le condizioni perché la sua parola di verità venga accolta, la mente degli apostoli è irretita dalla paura, le domande di Filippo, di Tommaso e di Giuda, come anche gli interventi degli altri mostrano che i tre anni condivisi sono stati un fallimento. Gesù è costretto a confrontarsi con questa realtà, dura e cruda, a guardarla in faccia, senza scappare ed è quello che fa, con la sovrabbondante forza di amore, che il Padre ha riversato nel suo cuore. I fallimenti e le cadute, i momenti di buio e le incomprensioni, le liti e le chiusure sono parte integrante della nostra vita, della fragilità che ci caratterizza come creature, dell’incostanza della nostra volontà, in preda ai sentimenti contrari che il nostro cuore sente. Cristo domina la realtà e non si lascia portare dalle grandi acque degli eventi. Non fa finta di niente, perché non è un illuso e neppure manca di aderenza alla realtà. La dinamica dell’incarnazione lo ha abituato a afferrare tutto di quanto appartiene  a noi, senza nulla disprezzare e nulla rifiutare. Egli decide di vivere questo momento fidandosi dell’amore del Padre, aggrappandosi alla sua mano, lasciandosi sostenere dalla sua presenza. Noi viviamo sull’eterna altalena che ora ci fa credere che non è vero ciò che vediamo e sperimentiamo, illudendoci, ora assorbiamo ogni cosa che accade intorno a noi e così, consumati dalla paura, ci ripieghiamo su noi stessi e non siamo in grado di reagire. Gesù rischia e vuol puntare il tutto per tutto. Non prende in considerazione la risposta dei suoi apostoli, ma continua ad amarli; non considera il loro fallimento, le menti deboli ed i cuori fragili, ama, ad oltranza ama. Noi ci chiediamo che senso ha parlare se non sei ascoltato, amare, se non vieni ricambiato, aprire il cuore, se l’altro non ti capisce, continuare a camminare su un terreno impervio, se soffri, per gli impedimenti che la strada ti riserva. Chi ama non guarda all’altro, ma a se stesso, non alla capacità di accogliere o meno l’affetto offerto, che il fratello può o meno vivere, ma il desiderio di vivere di amore e di continuare ad amare. Gesù è folle d’amore, non lo riesce a contenere, deve donarlo, comunicarlo, offrirlo, nei mille modi che l’umana comunicazione gli permette. E così lava i piedi dei discepoli, dopo essersi cinto di un asciugatoio  e poi li istruisce, sereno, pacato, non si lascia prendere da nessun sentimento contrario all’amore che Lui è e vive. Come non perdersi nella contemplazione di Gesù! La sua postura dona serenità, la presenza gioia, lo sguardo amore, i gesti tenerezza, la parola determinazione, i silenzi decisione, la consapevolezza rende arrendevoli, la lucidità meraviglia, l’abbandono atterrisce, l’obbedienza disarma, la gioia contagia, la pace si comunica.

Voglio rimanere nel cenacolo con te, Gesù, il tempo che tu vuoi e permetti di condividere con te. Ho bisogno di fissare su di te il mio sguardo, di perdermi nel. Vederti parlare, nell’ascoltare il timbro della tua voce di buon Pastore. Donami il segreto di non scappare davanti al tradimento, di non lasciarmi intristire, quando sono rinnegato, di non scandalizzarmi, quando in me vedo il comportamento ora di Giuda ora di Pietro, la fuga degli altri e non permettere che la superbia divori il campo del cuore dove la tua parola cresce, quando, come il Discepoli amato, resto sotto la tua croce e faccio spazio al tuo amore. Scappo sempre davanti ai fallimenti, soffro di claustrofobia, nei luoghi dove non sono capito, tra i fratelli che fanno finta di stare con me ed, invece, non si curano di ciò che vivo. Donami la grazia di rischiare, sempre e comunque, di non ricercare il contraccambio, di non attendere ricompensa. Lo Spirito, contemplandoti, ridisegni in me la tua immagine somiglianza.

In noi la vita di Cristo

La posta in gioco, seguendo le parole di Gesù, diventa sempre più alta. Ma a compromettersi di più è sempre Lui, perché chi ama non pretende nulla d’altro ed in prima persona vive la dinamica del superarsi. I doni che Cristo concede nella sua vita terrena ed ora nella sua condizione di signore, assiso alla destra di Dio Padre, sono incalcolabili. Sembra che ci riempia oltre ogni misura dei segni del suo amore, perché il suo affetto non conosce limiti e la sua grazia non ha confini. Promette lo Spirito, ci offre il suo Spirito, che è un Consolatore “altro” rispetto a Lui, che è il nostro consolatore. Cristo, che è la consolazione del Padre fatta carne, ci promette di avere in noi lo Spirito della sua consolazione. C’è un tratto che colpisce della dinamica vissuta da Gesù ed è la capacità di non essere geloso, di non trattenere per sé, di non stringere nulla nelle sue mani, nella sua mente e nel suo cuore. L’amore è potenza di liberazione, solo quando è vero ed è vero solo quando in noi abita lo Spirito Santo. È Lui che purifica il cuore da ogni forma di egoismo e ci conduce a fare spazio all’amore di Cristo, ad offrirgli tutto di noi, perché realizzi in noi i desideri che, creandoci, ha messo nel nostro cuore. Non si può dire che la sequela sia finita con l’ascensione di Gesù. Il suo ammaestrarci continua, l’arte del ricordare la sua parola , di tenerla a mente e di viverla, carne della nostra carne, è l’impegno costante che caratterizza la nostra esistenza.

Se leggiamo bene il brano giovanneo, ci renderemo conto che ravvisare la catena che Cristo presenta in questo brano non è poi tanto difficile: Dio ci ha amati per primo e l’amore suo abilita il nostro amarlo e ci rende capaci di osservare i suoi comandamenti, che non sono gravosi, perché all’amore di dio, riversato in noi dallo Spirito, nulla è impossibile. Gesù prega per noi, il suo occhio accompagna chi si lascia invadere dal suo amore ed Egli prega il Padre per noi. Come pregò per Pietro, perché, ravvedutosi, potesse confermare i fratelli, così si ricorda di noi e ci presenta al Padre che, nel suo nome, dona a ciascuno l’unica forza che ci resuscita a vita nuova, lo Spirito Santo-Amore. Siamo chiamati a vivere da risorti e solo lo Spirito Santo è capacedi strapparci dalla morte e farci vivere in Cristo. Se ci tuffiamo nelle grandi e profonde acque del nostro cuore, riusciremo a sentire quella insaziabile nostalgia di Dio, quel desiderio di vivere di Lui e con Lui, di lasciarci motivare dalla sua presenza, portare dal suo amore, trasformare dalla sua forza, pacificare dalla potenza della sua mano che ogni cosa guarisce e risina, libera e salva, perdona e rinnova. Abbiamo bisogno dello Spirito di Cristo. Abbiamo bisogno che Lui soffi sopra di noi, perché le nostre ossa inaridite risuscitino. Abbiamo bisogno della novità di vita del risorto. Non sei stanco della tua vita trascinata, dei rapporti in famiglia che sanno di noia e di  stanchezza, delle solitudini del tuo cuore che soffre e trema, della tristezza che ricopre il tuo animo, come una coltre di gelo che brucia i germogli di ogni speranza. Grida verso Cristo, perché ti liberi dal male. Implora il suo nome santo, perché metta in figa le tentazioni, invoca la sua santità, perché si manifesti in te, chiedi, con perseveranza che preghi per te, così che il Padre ti doni il suo Spirito, perché tu viva della stessa vita del tuo Signore. 

Padre di ogni bontà, che tutto sosteni con la tua parola, manda su di me il fuoco dello Spirito, che ha bruciato il cuore di Gesù, tuo Figlio, che ha consumato la sua vita, che, sull’altare della croce, lo ha reso sacrificio vivente  a te gradito. Mi struggo dal desiderio di cambiare vita, di vivere da risorto, di camminare nella tua luce, di sentire in me la tua dinamica di misericordia, che conduce  scegliere la morte perché i fratelli abbiano in abbondanza la vita. Non permettere che io viva di desideri, ma realizzarli in me. Quelli che sono contrario al tuo santo volere, sradicali, ma quelli tuoi, che tu hai messo in me, rendili presenti alla mia mente, perché, fecondati dal tuo Spirito, diventino un’esplosione di gioia evangelica.

Insegnare e ricordare: l’opera dello Spirito in noi

La dimora di Dio in noi ci porta a vivere come Gesù Cristo, in un rapporto strettissimo con il Padre, nella forza del Paraclito, che ci conforma a Gesù Cristo. Gli apostoli non sono perfetti. I loro interventi, nella sera del tradimento, dimostrano che non hanno raggiunto quel grado di maturità, che il libro degli Atti degli Apostoli testimonierà in seguito al dono di Pentecoste. La maturità della vita cristiana dipende dalla nostra capacità di diventare dimora di Dio, dalla disponibilità a fare spazio in noi al Signore, che trasforma la vita, smussa il carattere, calma le passioni, volge in bene le reazioni, concede di vivere come il Padre ci mostra in Cristo, con la forza dello Spirito. Il principio della trasformazione è l’inabitazione divina. Come il Verbo, facendosi uomo, dall’interno della nostra natura, ha cambiato in ricchezza la nostra povertà, così lo Spirito dentro di noi mette ordine e orienta, con paziente determinazione e amorosa gradualità, la nostra vita a Cristo. Le situazioni si cambiano dall’interno: è questa la dinamica che Cristo vive e lo Spirito concede di sperimentare. Così il Paraclito, effuso dal Padre, nel nome di Cristo, dentro di noi ci insegna e ci spinge a ricordare Gesù, a vivere in comunione perfetta con Lui, a fare della nostra vita un canto di esultanza e un dono ai fratelli.

Abbiamo bisogno che lo Spirito sia il nostro maestro interiore, perché senza una guida non si va da nessuna parte. Chi di noi può dire di non aver bisogno di Cristo per giungere al Padre? Chi, senza lo Spirito di Gesù, può sperimentare la gioia? Inutile affermare di non aver bisogno di essere condotti per mano da Dio, perché solo l’umiltà ci permette di perseguire il bene, facendoci aiutare dal Signore della vita. Non possiamo fare da soli, attuare una sorta di autodidattica, nelle cose che riguardano Dio, che restano per noi sempre un mistero. Per questo è necessario entrare in sintonia con lo Spirito, comprenderne la voce, avvertirne il sussulto, gustarne il silenzio, aprirsi alla sua azione, lasciarsi condurre dalla sua mano, illuminare dal suo chiarore, condurre dal suo discernimento, motivare dalla sua presenza, rallegrare dalla sua gioia, rianimare dalla sua grazia, resuscitare dalla sua vita che ogni morte sconfigge. È quanto mai essenziale imparare ad avvertire il soffio dello Spirito di Dio in noi, dove vuole condurci. Come Elia, sull’Oreb (cr. 1Re 19,11-13), non dobbiamo farci ingannare da eventi straordinari, come il vento impetuoso ed il terremoto, perché Dio è presente “nella brezza di un leggero silenzio”, ma abbiamo bisogno di essere educati in questo, guidati a comprendere dove e quando lo Spirito parla, nella Chiesa e nei suoi ministri, nella Scrittura e nei fratelli, nel cuore e nei poveri, nella storia e nella voce del cuore, che anela Dio e ricerca sinceramente la gioia. Per questo è importante essere guidati a comprendere le modalità di rivelazione di Dio, discernere le sue presenza, vagliarne le azioni. Quante cose non sappiamo! Per questo dobbiamo confessarlo senza paura, perché solo se umilmente accogliamo lo Spirito come nostre maestro, supereremo, con la sua grazia, il buio che ci circonda, fugheremo la tentazione della superbia e metteremo a frutto i doni di Dio, custoditi e spesso inespressi, dentro di noi.

A volte non ti senti solo e ti giri su te stesso, incapace di trovare la via? Fidati dello Spirito di Cristo. Invocalo e lascia che sia Lui il tuo maestro e la tua guida. Permetti che ti insegni i misteri di Gesù, i segreti del suo cuore ti concederà, se tu gli permetterai di afferrare la tua mano. Egli ha mille modi per insegnarti, per questo devi stare attento ad ogni cosa, alla voce che abita il cuore e alla parola che ti può arrivare dalla Scrittura o anche da un semplice fratello, che ti parla. All’insegnamento si unisce poi il ricordo, perché, con la memoria corta che ci ritroviamo, abbiamo bisogno che sia lo Spirito a sussurraci le cose dette ed insegnate da Gesù.

Due sono le azioni dello Spirito in noi: l’insegnamento ed il ricordo ed entrambe sono in riferimento a Gesù, poiché il Paraclito è lo Spirito di Cristo o anche lo Spirito del Signore. Per questo ciò insegna e quanto ricorda è sempre e solo Gesù, il suo mistero, la sua grazia, l’amore che lo conduce al dono della vita e a riprenderla di nuovo, nella sua Pasqua. Il Paraclito non è distaccato dal Padre né separato dal Figlio, perché, oltre a legare l’Uno e l’Altro in un vincolo indissolubile ed eterno di amore e di dono, conduce l’uomo a scrutare i misteri di Dio, entrando nei segreti della vita divina. È lo Spirito che ci conduce a conoscere Gesù sempre più perfettamente, a lasciarci illuminare dalla sua grazia, determinare dalle sue scelte, motivare dal suo amore, trasformare dalla sua misericordia, guarire dal suo perdono. È lo Spirito che ci fa confessare Gesù come Signore, a vivere nella sua signoria, a farci investire della sua misericordia e, consacrandoci nella verità del Vangelo, ad essere nel mondo il perpetuarsi della missione di Gesù, in gesti e parole che hanno da Cristo incisività, grazia  e potenza di salvezza e di guarigione. Solo lo Spirito di Gesù può educarci ad essere Lui tra i fratelli, a contenere questo tesoro nei vasi di creta della nostra esistenza, ad essere in Lui missionari di misericordia  e araldi del Vangelo della pace e del perdono, della vita e della gioia tra i fratelli. Quanto ha bisogno il mondo di oggi di un annuncio di speranza che nasce da cuori irrorati dallo Spirito! Quanto ha bisogno la Chiesa di discepoli del Signore, ardenti della sua presenza e dello zelo nell’annuncio del Regno. Quanto le nostre famiglie e comunità ecclesiali e religiose hanno estremo bisogno di una rinnovata Pentecoste, perché la paura non blocchi il cammino di evangelizzazione e non ci si chiuda in una celebrazione sterile del mistero di Cristo, perché ripiegata nella ritualità e nella pura dottrina, che non incontra il vissuto dell’uomo e lo investe della potenza salvifica  misericordiosa del Signore crocifisso e risorto per noi.

Vieni, o Spirito di Cristo ed aprici il mistero della vita del Figlio di Dio, fatto uomo, crocifisso e risorto per noi. Insegnami Gesù, ricordami Lui, aprimi il libro della sapienza del suo cuore, della potenza della sua vita, del mistero insondabile del suo amore, della grazia della sua misericordia. Tu sei la chiave per la comprensione della mia vita, alla luce del mistero del Verbo incarnato. Aprimi alla consapevolezza del mistero che io sono e di quanto Gesù sia il modello della mia umanità. Ricorda la parola di Gesù: che io la rumini, la interiorizzi, ne assapori la grazia e la preziosità, perché, lampada ai miei passi, splenda sul mio cammino. Dona giovinezza alla Chiesa, coraggio ai credenti, forza agli sfiduciati, determinazione ai vacillanti, a tutti la grazia della tua dolce presenza. Maria, tu che sei il capolavoro di Dio, la dimora pura e santa del Verbo, guidami tu ad essere tempio della gloria della santa Trinità. Amen. Alleluia!